Cos’è la lamina corticale

Con l’uso di una lamina corticale di osso si andrà a creare una specie di box dove in seguito verrà riempito con l’osso sintetico in granuli mischiato con una piccola quantità di osso del paziente da operare. Il suo osso verrà recuperato con uno speciale raschietto e verrà inserito con delle microviti.

Il prelievo osseo fatto attraverso questo speciale raschietto consente di ottenere l’osso corticale in modo facile e per niente invasivo. Questa operazione sarà indolore e non ci saranno conseguenze nulla post operazione.

Inoltre, una cosa molto importante da specificare, riguardo all’operazione è che nelle tecniche rigenerative è che utilizzare solo l’osso sintetico, in particolare se si parla di difetti più gravi, non è sufficiente per ricreare un osso vitale. Tranne che nell’intervento di rialzo di seno mascellare.

Quando utilizzare la lamina corticale?

Le persone che portano uno scheletrato o una dentiera per esempio per periodi molto lunghi, hanno un osso che potrebbe essere assottigliato per quanto riguarda spessore. Inoltre talvolta potrebbe anche esserci una perdita ossea in altezza.

Solitamente però le perdite ossee si notano maggiormente in pazienti che hanno avuto impianti con perimplantite e rimossi in seguito.

Gli impianti corti che sono stati posizionati tramite una chirurgia guidata dinamica e la split crest però rimangono degli interventi di prima scelta in atrofie ossee avanzate.

Ma purtroppo esistono delle situazioni dentali ossee in cui nemmeno questi tipi di interventi sono sufficienti per recuperare il problema, ad esempio possiamo citare:

  • Insufficienza ossea per il posizionamento di impianti (nemmeno con la chirurgia guidata dinamica);
  • In zona estetica, un’atrofia verticale;
  • Cresta sottile non recuperabile nemmeno attraverso la tecnica split crest.

Quando capitano questi tre tipi di situazione, l’unica soluzione possibile è ricostruire l’osso e la gengiva.

Inoltre queste tecniche di rigenerazione ossea hanno avuto una grande evoluzione negli ultimi dieci anni.

Ad oggi, possiamo affermare che queste tecniche possono ricreare l’osso del dente in modo molto simile a quello originale del paziente.

Nonostante siano comunque delle tecniche complesse e dipendono molto dalla capacità del chirurgo.

Lamina corticale: la chirurgia dinamica

Una delle soluzioni che vanno a pari passo con la lamina corticale è la chirurgia dinamica. Un sistema preciso e impeccabile ad esempio per l’inserimento di impianti in situazioni gravi di perdita ossea.

Un metodo innovativo che consente di pianificare in modo preciso l’inserimento implantare.

  • Utilizzato per problematiche difficili;
  • Quando serve evitare un’incisione chirurgica;
  • Per pianificare l’inserimento dell’impianto in modo perfetto;
  • Per poter lavorare al meglio.

Inoltre riduce in modo drastico:

  • Traumi
  • Sanguinamento
  • Possibili errori

Si divide in 3 fasi:

Prima fase: Realizzazione in studio con un apparecchio 3D.
Seconda fase: Pianificazione Implantare
Una volta ultimata la pianificazione, si può procedere direttamente alla fase chirurgica.
Terza fase: Intervento chirurgico

Durante l’intervento il paziente indosserà lo stent radiologico usato per la una scansione accurata. Su di esso si inseriscono due detettori, uno di essi viene inserito sul motore che servirà per inserire gli impianti. Essi consentiranno di rilevare costantemente la fresa e la cresta ossea del paziente.

Lamina corticale: lo split crest

Ora parliamo della tecnica chirurgica per il recupero dell’osso mandibolare o mascellare che sia.

Cos’è?

Come già citato, lo split crest è una tecnica chirurgica utilizzata per aumentare l’osso mandibolare o mascellare perché troppo sottili per permettere l’inserimento degli impianti dentali. L’osso così assottigliato viene chiamato cresta ossea a lama.

Come viene fatta questa operazione?

Viene prima di tutto eseguita un’incisione sopra la gengiva del paziente, parallela all’andamento dei denti e attraverso un’apposita lama specifica (il piezoelettrico).
Il secondo passaggio è quello di separare l’osso crestale in due parti sottili.
Infine queste due parti verranno allargate creando uno spazio verticale per permettererà l’inserimento di sostituti ossei e/o di impianti dentali.

L’atrofia ossea

Il motivo principale per ricorrere a una lamina corticale è se c’è un’atrofia ossea. Essa è la perdita di osso dovuto ad un riassorbimento.

In odontoiatria è causata dalla perdita dei denti e dalla scomparsa dell’osso alveolare che ha la funzione di trattenere i denti nelle arcate. Quando si perdono i denti sussegue la scomparsa dell’osso alveolare e in fine l’atrofia ossea. Essa si può verificare sia per la mancanza di un solo dente fino ad arrivare a forme più gravi, quando il paziente diventa edentulo.

L’atrofia ossea si sviluppa solitamente durante la terza età, alcune cause sono le seguenti:
  • Carie non trattata;
  • Malattia parodontale;
  • Perdita di denti;
  • Una dieta errata. Molti pazienti di età avanzata preferiscono cibi morbidi e facilmente masticabili a cibi come frutta e verdura fresca;
  • Cancro orale e tumori della bocca. Solitamente diagnosticati intorno ai 60 anni di età;
  • Malattie croniche che comportano l’utilizzo di determinati tipi di farmaci. Questi seccano le fauci causando problemi come l’atrofia. Il flusso ridotto di saliva aumenta il rischio di malattie della cavità orale e compromettono la struttura ossea.

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Riassorbimento osseo alveolare

L’osso alveolare è l’osso della mascella che contiene e/o riveste gli alveoli dei denti.

Che tipo di osso è?

È sicuramente un osso sottile e compatto. Possiede inoltre diverse piccole perforazioni, attraverso le quali passano vasi sanguigni, nervi e vasi linfatici.
È molto importante mantenere questo osso sano per una corretta salute dentale e anche per garantire qualsiasi trattamento di riabilitazione orale.
La perdita dell’osso alveolare può avvenire o essere causata da diversi fattori e/o patologie. Le abbiamo elencate in seguito, andiamo a scoprile.

Riassorbimento osseo alveolare: cause

L’osso alveolare, è quell’osso che sostiene la nostra dentatura. A differenza delle altre ossa del nostro sistema scheletrico e dentale ha delle caratteristiche più rilevanti, ad esempio la sua capacità di trasformarsi o di cambiare.

La sua funzione è sicuramente essenziale, dato che il suo scopo principale è quello di mantenere i denti nell’osso della mascella.Inoltre esso risponde alle sollecitazioni esercitate sul dente.
Con la perdita di denti che si può sviluppare o derivare da cause naturali o accidentali, l’osso alveolare non svolge più questa funzione e inizia ad essere riassorbito o perso nel tempo.

 

Quali sono le cause principali che portano alla perdita di quest’osso?

  • Malattia parodontale o piorrea e gengivite;
  • Trauma occlusale;
  • Problemi con la mucosa orale;
  • Estrazione dentale;
  • Osteporosi;
  • Invecchiamento;
  • Malattie sistemiche.

 

Tutte queste cause possono contribuire e accelerare il riassorbimento dell’osso alveolare, con i possibili problemi che questo comporta per il paziente.

Per evitare che ciò accada, la soluzione più efficace è quella di sostituire i denti mancanti con degli impianti. Evitando quel vuoto che determina poi la caduta di altri denti e provoca l’atrofia ossea.

Riassorbimento osseo alveolare: la classifica dei difetti

È stata creata una lista divisa in classi, tenendo conto della gravità delle situazioni:

  • Classe 1: perdita di tessuto in direzione labiale-linguale (larghezza), senza perdita in direzione apico-coronale (altezza).
  • Classe 2: perdita di tessuto in direzione apico-coronale (altezza), senza perdita di tessuto in direzione labiale-linguale (larghezza).
  • Infine classe 3: Insieme delle due classi precedenti; ovvero la perdita di tessuto in direzione labbro-linguale e apico-coronale (altezza e larghezza).

A loro volta si dividono in:

  • Perdita lieve: meno di 3 mm di perdita ossea
  • Perdita moderata: compresa tra i 3 e i 6 mm di perdita ossea
  • Infine perdita grave: perdita ossea superiore a 6 mm

Il difetto presente nella terza classe, è il più difficile da trattare a causa della perdita di tessuto in altezza e larghezza.

Invece quello presente nella classe numero uno è il più facile da trattare.
Attualmente esistono diverse procedure che possono riportare il danno alla sua larghezza persa.

I difetti della seconda classe, dove c’è solo perdita di altezza, sono i meno comuni, poiché si verificano la maggior parte delle volte in combinazione con la perdita di tessuto in larghezza.

Come riavere il sorriso

Nel caso in cui il danno si sia dilagato in modo esagerato e abbia sviluppato appunto la caduta dei denti, ci sono due opzioni disponibili, sono le seguenti:

  • Rigenerazione ossea o innesto osseo: questa è sicuramente una procedura lunga e inoltre il risultato non è nemmeno garantito. Infatti dovrebbe essere l’ultima delle opzioni da prendere in considerazione. Richiede infatti un impegno e tempi più ampi.
  • impianto: la seconda soluzione che troviamo sul mercato è l’impianto.
    Sempre applicabile. Inoltre viene creato su misura per ogni paziente. Si inserisce con tempi molto più brevi rispetto all’opzione precedente. È l’opzione migliore che una persona possa scegliere in questi casi.

Come prevenire il riassorbimento osseo alveolare

Il trattamento più preciso e indicato per la prevenzione della perdita dell’osso alveolare o il suo riassorbimento è la riabilitazione immediata dopo la perdita o l’estrazione di un dente mediante l’inserimento di un impianto dentale.

Sicuramente ci sono altri trattamenti di riabilitazione orale oltre agli impianti.
Ad esempio possiamo citare protesi fisse e rimovibili o ponti.

Le protesi rimovibili, come quelle complete o scheletriche, non prevengono né fermano la perdita ossea alveolare.

Normalmente, l’osso alveolare è preservato da diversi meccanismi naturali di auto-guarigione e rinnovamento.
Tuttavia, dopo la perdita di un dente, l’osso inizia un processo di riassorbimento, perdendo spessore e altezza, con una media del 40-60% nei primi due anni circa, per poi proseguire nel tempo.

Il riassorbimento osseo può portare a cambiamenti funzionali, estetici e morfologici, motivo per cui è molto importante riabilitare uno spazio dopo la perdita dei denti.

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Rimuovere un impianto dentale

Gli impianti dentali hanno fatto molta strada negli ultimi decenni e possono essere considerati il metodo più sano, di alta qualità e più realistico per togliere e sostituire i denti persi o rovinati.

Se vengono curati in modo corretto, possono durare per il resto della tua vita. Il fallimento di un impianto dentale può dipendere da diversi fattori. Molti dei quali sono sotto il tuo controllo.

Questo fallimento è molto raro, ma può accadere. Allora come puoi evitarlo? Ecco cosa devi sapere.

Rimuovere un impianto dentale: sintomi

Esistono molti sintomi che ti possono portare a pensare che il tuo impianto dentale stia fallendo. Un sintomo sicuramente molto chiaro è se inizi a sentire dolore o disagio dentro o intorno ai tuoi impianti dentali. Se le tue gengive sono gonfie o infiammate, o se il tuo impianto inizia ad allentarsi. Anche le cause possono essere diverse. Per più motivi, la più comune è l’infezione e la perdita ossea.

La perimplantite è un tipo di infezione che si forma intorno all’impianto e all’interno delle gengive (in seguito la tratteremo nello specifico).

Essa avviene quando non si ha una corretta igiene orale. Nello specifico quando si ha un impianto dentale bisogna prestare una maggiore attenzione, altrimenti si arriva a una perdita ossea e un fallimento dell’impianto.

Inoltre è anche possibile che l’impianto non si stabilisca alla perfezione con l’osso mascellare esistente. Ciò succede in pazienti con bassa densità ossea o in pazienti che subiscono un trauma dentale dopo l’istallazione dell’impianto.

I trattamenti

Ora invece parliamo del trattamento per il fallimento degli impianti. Esso dipende in base a quale motivo è fallito.

Nel caso in cui un’infezione gengivale (la perimplantite) porta al fallimento dell’impianto, il trattamento sarà una pulizia di esso e una migliore igiene orale futura. Se viene trattata in modo rapida, può avere risposte molto positive e sparire in poco tempo.

In caso di danno o stress sull’osso intorno all’impianto, può essere necessario un innesto osseo.  Gli impianti dentali possono essere inseriti solo se l’osso lo permette, infatti ci deve essere una giusta intensità ossea.

Se invece il problema è la perdita dell’osso mascellare o il danno osseo, il trattamento comporterà un innesto osseo.

Rimuovere un impianto dentale: cura e manutenzione

Come possiamo fare per prevenire un fallimento dell’impianto dentale?

Il pensiero che esso possa fallire, ci può spaventare.  C’è una buona notizia però, la prevenzione del fallimento dell’impianto è molto facile.

Il modo migliore per mantenerlo sano e senza possibili problemi futuri è praticare una corretta igiene orale. Spazzola i denti con spazzolino a setole morbide e usa il filo interdentale almeno due volte al giorno e usa un collutorio antibatterico senza alcool.

Un altro aspetto molto importante è sapere mantenere una buona alimentazione. Fai alcuni cambiamenti, ad esempio evita le caramelle dure e altri cibi che sono ruvidi per i tuoi denti.

Ti consigliamo inoltre di andare dal tuo dentista ogni tre o sei mesi, per fermare ogni tipo di problema in caso ci fosse in atto qualcosa

Da cosa dipende la difficoltà della rimozione di un impianto dentale?

Il fattore che determina in primo luogo la difficoltà alta o bassa che sia della rimozione di un impianto è il luogo dove è posizionato.

Di solito, gli impianti localizzata nella parte bassa, nella mascella inferiore sono i più difficili da estrarre. Però capita che la difficoltà che si usa per l’estrazione dell’impianto nella parte inferiore, possa essere applicata anche in quella superiore.

Un altro fattore che determina la difficoltà è il tempo. Maggiore è il tempo passato dall’inserimento dell’impianto maggiore sarà la difficoltà.

In fine un ultimo elemento che può causare la rimozione di un impianto è la sua dimensione. Di solito quando un impianto è lungo e largo è più difficile da rimuovere.

Cos’è la perimplantite?

La perimplantite è una malattia infettiva che causa l’infiammazione della gengiva e della struttura ossea attorno a un impianto dentale.

Esiste l’infiammazione cronica che può portare alla perdita dell’osso. Può portare a un impianto allentato che alla fine potrebbe cadere.  Il rischio di infiammazione e perimplantite è molto più alto con gli impianti rispetto ai denti naturali, poiché gli attacchi dell’impianto sono più fragili.

Inoltre se gli impianti sono allentati intorno alle gengive, i batteri e le infezioni possono crescere e divulgarsi, portando a conseguenze come la perdita del tessuto osseo.

Sintomi di perimplantite:

Un impianto dentale infetto (perimplantite) può presentare i seguenti sintomi:

  • Sanguinamento o pus;
  • La febbre;
  • Dolore pulsante;
  • Rossore e gonfiore alle gengive;
  • Alito cattivo;
  • Difficoltà a masticare il cibo;
  • Impressione dell’impianto allentato.

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Infezione impianto dentale

Le infezioni degli impianti dentali sono in aumento. Delle ricerche testimoniano che circa la metà delle procedure di posizionamento si conclude con un’infezione.

Nello specifico questa infezione viene chiamata perimplantite ed essa non significa necessariamente che un impianto andrà perso. Sicuramente una diagnosi e un trattamento tempestivi possono salvare il restauro. Questa guida esplora i possibili fattori di rischio, i sintomi che dovresti cercare e i potenziali metodi di trattamento.

Infezione impianto dentale: quando si è a rischio 

Le cause più comuni di infezione dell’impianto sono:

  • una cattiva igiene orale;
  • il fumo di sigaretta;
  • malattie parodontali avute in precedenza.

Una volta che l’impianto dentale viene inserito all’interno della tua cavità orale, è molto importante mantenere una certa igiene orale. Se non spazzoli e non usi il filo interdentale tutti i giorni, potrai sviluppare batteri e funghi nella bocca.

Questi si dirigono gradualmente verso i tessuti molli e duri che circondano l’impianto. Inoltre queste infezioni portano a un susseguirsi di problemi. Ad esempio, i consumatori di tabacco hanno una maggiore concentrazione di un enzima chiamato arginasi.  Rendendo la saliva più acida, sviluppando così i batteri.

I fumatori sono più vulnerabili alle infezioni degli impianti dentali.

I pazienti che hanno avuto problemi di parodontite sono a rischio elevato.  Certamente deve essere trattato prima che possa aver luogo l’impianto.
Ricorda che le malattie delle gengive hanno la tendenza a ripresentarsi.  I problemi alle ossa della nostra cavità orale è più evidente in questi casi, determinando una maggiore incidenza di fallimento dell’impianto. I fattori di infezione sono sempre collegati a problemi o abitudini del paziente.

Infezione impianto dentale: i sintomi

  • gonfiore intorno all’impianto;
  • le gengive che tendono a cambiare colore;
  • sanguinamento dal luogo dell’impianto;
  • febbre;
  • dolore che non svanisce con l’uso di antidolorifici e farmaci.

In caso tu dovessi avvertire uno di questi sintomi, chiama immediatamente il tuo dentista.

È bene dire che il dolore è relativamente raro in combinazione con l’infezione dell’impianto. Ma se si presenta, di solito significa che il problema è grave.
Altre cause di preoccupazione sono simili al rialzo del seno mascellare e ai sintomi di infezione da innesto osseo.

Inoltre, i sintomi di infezione da impianto dentale includono anche un’ampia graduale perdita del proprio tessuto osseo nell’area interessata.  Questo tipo di problema però, può essere diagnosticato solo da un professionista come un dentista o un paradontologo.

Infezione impianto dentale: le fasi

Il processo di infezione dentale è divisa in due fasi.
La prima fase è prende il nome di mucosite perimplantare. Ed essa se non viene trattata, tenderà ad aggravarsi sviluppando la seconda fase che prende il nome di perimplantite.

Entrambi si sviluppano tutte e due allo stesso con le malattie gengivali, ma possono svilupparsi più rapidamente.

Perché accade? Questo accade perché l’attacco di un impianto è meno durevole di quello di un dente naturale.

I segni si possono sviluppare anche anni dopo aver inserito l’impianto.

Pulizia e chirurgia

Le sacche mucose poco profonde verranno pulite con ultrasuoni. La procedura si svolge con le onde ad alta frequenza che aiuteranno il dentista a rimuovere il materiale contaminato attorno all’impianto.

Se invece queste sacche mucose sono più profonde di 5 mm, il dentista opterà per l’utilizzo di una tazza di gomma e una pasta, per lucidarle e l’utilizzo del filo interdentale meccanico. Ovviamente in questo caso, gli strumenti andranno più in profondità.

Passiamo alla chirurgia… viene generalmente eseguita quando l’asta è posizionata in un sito non estetico. Le gengive verranno aperte e in seguito ribaltate per consentire un migliore accesso all’area contaminata. Viene eseguita una pulizia meccanica, spesso in combinazione con antisettici. Questa procedura viene definita con il filo interdentale meccanico.

Questa opzione comporta possibili complicazioni.  Ad esempio l’esposizione delle membrane porose può portare a ulteriori infezioni, soprattutto durante la guarigione. Se gli altri trattamenti falliscono si prenderà in considerazione la chirurgia.

Le cure mediche

Il dentista esaminerà le condizioni parodontali dei denti rimanenti.  E in base a quanto si nota, determinerà se somministrare antibiotici a livello locale o sistemico.

Se la perimplantite è l’unico problema presente nella cavità orale, verranno dati degli antibiotici locali, per alcuni giorni. Se l’infezione è generalizzata a un’area più ampia della bocca, gli antibiotici potrebbero essere somministrati per via sistemica.  Ciò può accadere anche quando si soffre allo stesso tempo di parodontite.

Inoltre potrebbe essere necessario ripetere il trattamento antibiotico entro poche settimane o mesi.

La rimozione

In caso la mucosite perimplantare si è sviluppata nella sua forma più aggressiva, ovvero la perimplantite e una quantità significativa di osso è andata persa, potrebbe essere necessario rimuovere l’impianto.  Questo può essere fatto con uno strumento chirurgico chiamato trapano.

Il tuo dentista sceglierà però se far sviluppare il problema e rimuovere in seguito l’impianto con una pinza. solo quando ci sono meno di 3 millimetri di osso si può prendere questa decisione. Alcuni pazienti possono pensare di rifare un nuovo impianto dopo l’innesto osseo e diversi mesi di guarigione.

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